La Storia

13 agosto 1122 data della fondazione

La bolla riportata quì sopra, prova che sia stato Manfredo il fondatore del monastero con un instrumento del 13 agosto 1122, accennato da Gioffredo, ed anche inventariato nell'indice delle scritture degli archivi di Grenoble.

25 luglio 1135 data della costruzione

Secondo una scrittura, che si può ancora oggi leggere, è l'anno della morte di Bonifacio dei Vasto.

(Bibliografia: «internet: Staffarda - cistercensi.info»)
   L’unica cosa certa riguardo ai primordi di quest’abbazia è la famiglia che ne promosse la fondazione e cioè quella dei Marchesi del Vasto e di Saluzzo; sulla data di fondazione le fonti sono invece assai discordi e tra esse si riscontrano sfasature temporali notevoli. Alcuni infatti vollero tale monastero come già fondato nel 1111 da Manfredo I, ma la Fraccaro, riportando le tesi del Savio, (il quale ha fornito l’opera più completa su questa abbazia, soprattutto dal punto di vista delle notizie storiche) esclude categoricamente tale possibilità, affermando che gli studiosi, tratti in inganno da un nome, fecero uno scambio di persona.
  Altri invece, tra cui il Bedini, si basarono su un documento del 1122, precisamente una carta del 23 agosto riportata dal Gabotto e dal Savio, che attesterebbe una donazione fatta da Manfredo I di Saluzzo alla cappella di Santa Maria di Staffarda, la quale fu in seguito affiancata dalle abitazioni conventuali e offerta all’abbazia di Tiglieto, che vi mandò una colonia di monaci nel 1135. Ma gli stessi Gabotto e Savio misero in rilievo il fatto che tale documento fosse falso, poiché redatto nel XIV secolo. Salta infine fuori un documento considerato la vera e propria carta di fondazione dell’abbazia, ma esso è senza data: riguarda una donazione, compiuta dai Marchesi di Saluzzo e dalla loro madre, di una terra per l’insediamento di un monastero; la data proposta dal Savio è il 1135, in quanto in quell’anno mori il padre di costoro, il Marchese Bonifacio, e quindi il fatto che la proprietà risultasse ancora riunita a nome di tutti i fratelli, starebbe ad indicare che la donazione sia avvenuta subito dopo il suo decesso. Si sa inoltre, da un’altra donazione avvenuta nel 1138 che il monastero di Staffarda era già costituito.

  Ma se il 1135 si può considerare l’anno in cui i Cistercensi ne presero possesso, grazie alla donazione ricevuta, non altrettanto certo è il fatto se esistesse o meno un monastero già costituito da Manfredo: i primi documenti che riguardano l’abbazia non parlano comunque di monaci cistercensi, quindi è altamente probabile che nel 1135 i Cistercensi andarono ad occupare un complesso monastico già esistente...
  Nel 1144 Celestino II concesse all’abbazia un privilegio e seguirono anche riconoscimenti imperiali, come quello di Federico Barbarossa del 15 gennaio 1159 e di Ottone IV del 25 marzo 1210; grazie a numerose donazioni, sia da parte dei Saluzzo che di altre famiglie, l' abbazia diventò presto ricca e importante, tanto che nel 1189 diede origine ad una nuva abbazia addirittura nel Lazio, precisamente Sala, nella diocesi di Castro
.
(fine dell'inserto da: Staffarda - cistercensi.info)

   Dunque i figli di Bonifacio dei Vasto donarono il terreno su cui sorse I'abbazia, 120 giornate in Lagnasco e il diritto di pascolo nei loro domini.
Prima di tale data si parla solo dell'esistenza sul luogo di una chiesetta dedicata alla Vergine: e alla Natività di Maria fu dedicato il nascente complesso.
I primi monaci che si stanziarono a Staffarda appartenevano all'ordine cistercense fondato da S. Roberto.
   La scelta del luogo riflette i criteri di fondo dei cistercensi: zona paludosa, boschiva, lontana da abitati.
I monaci cistercensi furono dei grandi bonificatori e colonizzatori.
Progressivamente i possedimenti della zona di Staffarda aumentarono arrivando ad un migliaio di giornate di terreno che, paludoso e boschivo, fu bonificato scavando canali per I'irrigazione. Sul finire dei XIII secolo prosciugarono il lago esistente fra il monastero e Revello.
   Nel lavoro i monaci si servivano dei conversi, che non erano nè monaci nè chierici.
La loro vita era votata ai lavori manuali che eseguivano sotto la direzione dei monaci o che facevano eseguire, dirigendoli loro stessi, dai mercenari.
A parte i conversi, infatti, la manodopera dei monasteri cistercensi era laica e contadina, del luogo o delle vicinanze.
I conversi vivevano nel monastero o nelle "grange "(fattorie).
Derivavano in buona parte dalle classi più umili della società come servi, coloni, artigiani, mentre i monaci, in maggioranza, dalla nobiltà.
   Il prestigio di Staffarda ben presto crebbe di molto. Lo potenziavano e motivavano, con sorprendenti donazioni e privilegi di notevole entità, come in una gara, signori vicini e lontani. Le continue elargizioni incrementavano la produzione, che, superando i bisogni della comunità, rendeva necessario lo smercio dell'eccedenza. Inoltre la manodopera in aumento, per le suddette ragioni richiedeva I'istituzione di servizi di pubblica utilità.

  Così, alle attività agricole:

  • coltivazione,
  • bonifica,
  • allevamento,

si affiancava la produzione dei manufatti indispensabili ai monaci e alle famiglie lavoratrici.


Botteghe di artigiani gestivano:

  • la conceria,
  • la calzoleria,
  • il mulino,
  • i telai per la lavorazione del lino, della canapa e della lana,
  • I'officina per la fabbricazione di carri e attrezzi rurali,
  • il caseificio per la produzione dei formaggi.

Era dunque un borgo laboriosissimo.


   Passarono gli anni e I'inevitabile si verificò: I'enorme sviluppo dei beni materiali, degli interessi temporali aveva portato, già dalla seconda metà dei secolo XIII ad una certa rilassatezza dei costumi. Anche per Staffarda giunsero gli anni della decadenza che, a grandi linee, possiamo far partire dai secolo XV.
   L'abazia fu data in commenda, cioè in affidamento giuridico, a laici o a ecclesiastici di poco scrupolo, i quali ne trassero benefici economici senza curarsi minimamente dell' andamento del monastero e del sostentamento dei monaci, a tal punto da non risiedere neppure a Staffarda.
A questo motivo di decadenza, altri se ne aggiunsero, come le pestilenze e le guerre.
Nel 1750 I'abazia entrò a far parte del patrimonio dell'ordine mauriziano e, dopo la parentesi della dominazione francese, vi ritornò per rimanervi fino ai giorni nostri.

 

Stampa