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"Descrizione della Nuova Chiesa"
Dell'antica costruzione, come già si è detto, non rimane, altro che il
campanile, che nella sua austera forma medioevale è un grazioso monumento di
antichità. Anticamente doveva essere semplicemente una torre parallelepipedo, e
la sua struttura murale, ingentilita da caratteristiche finestre bifore in
pietra e da vaghe archeggiature in terra cotta, accenna ad una di quelle
tipiche costruzioni sacre, che da Carlo Magno fino al 1300 sorsero qua e là in
Piemonte ed in Lombardia per opera dell'antica Maestranze dei Comacini che,
secondo il Cantù, nasceva, cresceva sotto gli auspici dei benemeriti Padri
Benedettini. Quando poi si fabbricò l'antica Chiesa di San Pietro, allora detta
torre venne convertita in campanile. Si è già osservato come sull'esordire dei lavori per la nuova Chiesa siasi
trovato grave ostacolo nelle fondazioni, ed a ben comprendere questo fatto
basta avere un poco conoscenza del modo di essere del sottosuolo di questa
plaga appiè delle Alpi. *vedi
a lato*
Di qui nasceva la difficoltà delle fondazioni, poichè, appena attraversato
collo scavo il terreno argilloso, e penetrato nel materiale alluvionale,
si manifestavono queste sorgenti, che tanto più crescevano in numero ed in
volume, quanto più si procedeva in profondità.
Un lungo e faticoso lavoro di pompe e di drenaggio permise alfine di mettere a
nudo il fondo del grande scavo alla profondità, di circa cinque metri. Operati
in esso i fossi perimetrali ed i pozzi di fondazione, si riempirono di ottimo
calcestruzzo, e sopra di essi si elevarono i robusti muri e pilastri del
grandioso sotterraneo, che potrà benissimo servire sia per speciali funzioni,
come per i catechismi.
Sopra tali opere murarie (la cui forma e dimensioni furono oggetto di studi
severi), geometricamente disposte ed equilibrate da potenti archi e volte in
soli mattoni, elevasi il Sacro edificio - Divo Petro
ad vincula dicattun. -
A prima vista per la sua struttura e per le sue linee generali appare
ispirato all'epoca arcaica medioevale, ma, tuttavia il Porta seppe raddolcire
la rozzezza dell'antico stile.
Sono particolarmente notabili nella facciata le sedici colonne in pietra di Quinzano (Verona), coi loro fusti e capitelli variamente scolpiti, il doppio
arcone centrale coi suoi filari in mosaico, il concentrico rosone a ruota, le
cornici e i fregi tutti staccantisi dalle pareti in rosso mattone. Notevoli e
vaghe sono le finestre laterali e le svelte guglie, ricca e grandiosa la porta
centrale d'accesso, in pietra di saltrio, ove certe fasce, tirate in bianco su
fondo mattone, determinano una vaga stella in mosaico, nella quale è dipinta
in fresco, la bella figura di S. Pietro.
Grandiose pure sono le architettoniche proporzioni dell'interno, la cui
icnografia basilicale a tre navi, sull'esempio tipico di S. Ambrogio di Milano,
è costituita da quattro grandi quadrati eguali, formanti la navata centrale, ai
quali corrispondono otto quadrati di metà lato in entrambe le navate laterali.
Una doppia fila di colonne polistili, alternativamente grandi e piccole, unite
tra loro longitudinalmente e trasversalmente da archi circolari sagomati , a
tutto sesto, separa le due navate laterali dalla centrale, che ha larghezza ed
altezza doppia di quelle.
I muri interni della navata centrale, ,sovrastanti agli archi longitudinali,
sono decorati da una serie successiva di riquadrature sfondate, sulle quali
sono opportunamente dipinti i simboli dell'antico e nuovo testamento.
Superiormente a questi artistici riquadri, sulle stesse pareti interne s'aprono
otto grandi finestroni circolari, leggiadramente sagomati, ed incorniciati da
archeggiature in tondo.
Le volte delle tre navate sono a crociera, arricchite da cordoni diagonali, i
quali, essendo come il prolungamento in curva di talune membrature delle
colonne polistili, producono il vago effetto della riunione di queste. Cosi lo
sguardo nel movimento delle arcate e delle molteplici curvature è condotto al
termine di ciascuna navata, ove sorgono i tre, altari.
I capitelli delle colonne, anziché cubiformi, sono a fogliami e traggono la
loro forma e movimentazione da leggiadre foglie convenzionali intralciate, come
in quelli delle colonne maggiori, da una corona di colombelle, in graziosi
atteggiamenti.
Il coro, che è la parte più ricca dell'interno, elevasi sopra una pianta
regolare semi decagona. Una larga fascia orizzontale, decorata da vari emblemi
allegorici e da scritte romaniche, ricorrente all'altezza dei capitelli delle
navate laterali, separa, sulle cinque pareti, la parte destinata a ricevere gli
stalli dalla parte superiore,
ove in cinque scomparti rettangolari sono
incastrate altrettante tavole dipinte illustrative della vita miracolosa di S.
Pietro.
Superiormente cinque grandi finestroni a vetri colorati, insieme con quelli
delle pareti laterali, proiettano nell'interno una soave luce variopinta,
diffondentesi con religioso raccoglimento.
Notevolissima è poi l'ampia cantoria, addossata al muro di facciata, sorretta
da due colonnette in pietra di saltrio, e terminante con soffitto a cassettoni
di leggiadrissimo effetto.
Non meno degno di speciale menzione è l'artistico Altar Maggiore per la
ricchezza scultoria del suo pallio, per l'accurata sagomatura, per la varietà
dei ricchi marmi di Carrara, di Verona e di Garessio. Per disegno e per
ricchezza di marmi è pure pregevolissima l'ampia balaustrata.
Elegante ed assai armonica è infine la decorazione ornamentale delle colonne,
delle pareti e delle volte a cielo azzurro stellato in oro.
Poco è a dirsi delle pareti sui fianchi esterni, perchè l'economia consigliò di
non portarle a finimento e, se si eccettuano le graziose decorazioni degli otto
finestroni circolari, le porte esterne, le pareti, le lesene e le cornici
appariscono tuttodì nel loro rozzo stato di costruzione muraria.
Insomma se chi vorrà fare una visita al nuovo Tempio di
Bagnolo, certamente non potrà non ammirare in esso un vero monumento, che
conferisce un titolo imperituro di gloria al suo illustre autore, l'ingegnere Cav. Porta,
ingegnere Signor Giuseppe Destefanis e signor Pietro Billotti.
Merita pure speciale menzione il pittore signor Giovanni Stura, che, oltre alle
bellissime cinque tavole del coro, dipinse pure le volte dell'abside, ove
ritrasse in candida veste la sublime figura del Redentore, attorniato dai
quattro Evangelisti in nobili movenze.
Concorsero infine egregiamente alla riuscita dell' opera i signori Macario e Guglielmi, pittori su vetro; il
signor Gaffino, pittore delle decorazioni
ornamentali, il signor Casella, provveditore delle opere in marmo ed il signor Peverada modellatore dei capitelli, e mosaicista distinto.
Tratto da:" memorie
storiche di Gianbattista Cavallotti (vicecurato -
1895)"
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Curiosità:
**Alle falde dei monti, che si
stendono dallo sbocco Pellice allo sbocco Po, si addossano i materiali
diluviali antichi (Diluvium antico), che nei primordi dell'era nessoica
scesero irruenti dalle Alpi a ricolmare il suolo padano. Questi cumuli
erratici furono poscia demoliti quasi totalmente dalle vicende atmosferiche,
fuorchè presso le Prealpi o nei valloni posti al riparo dalle azioni
demolitrici.
Presso Barge, Bagnolo, Bibiana e Bricherasio questo diluvium antico forma
una, serie di colline intermedie tra la pianura (diluvium recente), e la
montagna rocciosa. In questa plaga appunto in ogni scavo del terreno,
oltrepassata la cotenna di suolo vegetale, d'indole ordinariamente
argillosa, s'incontra il materiale diluviale costituito da lave argillose,
fortemente ingiallite per abbondanza di idrossido ferroso, intercalate da
filetti di detriti silicei grossolani, frammischiate confusamente con
rottami di rocce di forma discoidale, ed avvolte da numerose vene di acqua
viva.
Da memorie storiche di Gianbattista Cavallotti (vicecurato - 1895)
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