Figlio di emigranti italiani, nasce nel 1915 a Jovita, provincia di Cordoba, in terra Argentina, (con suo nipote Dino Fenoglio, e con altre figure tra cui Guglielmo Borda e Don Michele Fùsero) si è sempre curato di mantenere vivo il dialetto piemontese
La caduta da cavallo di suo padre Stefano nel 1918 costringe la famiglia a tornare in Italia, a Bagnolo, paese d'origine.
Nel 1925 la Fila di Firenze indice un concorso di disegno per ragazzi e Albino, con uno schizzo di tre vacche al pascolo, vince il primo premio:
Ël maestro a l'avìa insisto për feme fè 'n disegn da mandè al concors e mi për felo content a l'avìo disegnà le mie tré vache 'n pastura. Ël premi a l'era 'n sold, un librétt dla Casa de Risparm con 50 lire 'nsima, interesse dël tré për sent, vincolà fin-a a 21 ani. Acui temp 50 lire a 'ero già na bela cifra.
( da Moment)
Le difficoltà economiche, l'inizio dell'attività lavorativa e la nascita di un nucleo familiare autonomo non gli permettono di approfondire e coltivare la passione per il disegno.
Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e la partenza per il fronte francese nel giugno del '40 sembrano troncare definitivamente questo interesse.
In Ottobre Albino viene reclutato, con molti altri ragazzi della sua leva, per le campagne di Grecia ed Albania.
La capitolazione dell'Italia e l'armistizio segnano l'inizio di un lungo periodo di sofferenze e soprattutto la deportazione per mano tedesca di molti soldati italiani nei campi di concentramento nazisti.
Albino viene destinato a Voisberg, un paesino a trenta Km da Graz, in Austria, nel campo di lavoro di una miniera di carbone e lignite.
"A l'ero diventà tuti 'd numer, mi a l'ero (Helf) 'n italian undes. L'avìo përdu la mia identità, a l'ero pi nen n'esser uman ma 'n numer e coma numer contavo pròpi niente dël tut. Dòp n'umiliassion dël gener a l'è pa facil descrivi coma l'òm a peul sentisse 'ndrinta".
( da Moment)
I primi di Maggio del '45 i Russi liberano la cittadina di Graz e Albino e i suoi compagni possono finalmente tornare a casa e riabbracciare i propri cari.
Il dopoguerra segna un periodo di forte rinascita economica e sociale del paese.
Nei primi anni '50, stabilizzata la situazione famigliare, Albino si riaccosta nuovamente alla sua passione, mostrando un forte interesse per la pittura ad olio.
Ne nascono quadri che denotano un forte legame con la terra e con la tradizione contadina e popolare.
La caratterizzazione degli elementi naturali è denotata da un profondo senso di solitudine, che non deve essere inteso come patimento o dolore.
E' la serenità del sentirsi profondamente immersi nella pace del mondo naturale, del provare un legame di scambio continuo con il paesaggio.
Non a caso la figura umana poco interessa ad Albino Fenoglio e quasi mai la rappresenta nei suoi quadri se non in forma di piccole macchiette.
Il sentire umano viene fatto coincidere con l'interazione tra l'uomo e la natura e quindi con la rappresentazione di ciò che l'ingegno umano ha osato condividere con essa, in perfetta armonia.
Le baite di montagna e le barche dei pescatori non sono altro che il frutto più puro e forse ingenuo di un discorso che si inserisce a piene mani nell'ambito della cultura popolare.
Non a caso Albino (con suo nipote Dino Fenoglio, e con altre figure tra cui Guglielmo Borda e Don Michele Fusero) si è sempre curato di mantenere vivo il dialetto piemontese, cercando di fermare in qualche modo il suo impoverimento, mettendolo in forma scritta di poesia o di racconto.
Albino Fenoglio si spegne nel gennaio del '94.