IL LUOGO, STORIA, LINGUA E LE PERSONE DELLE ALPI COZIE

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Frammenti di storia

Principii degli eretici Valdesi e Bagnolesi nelle valli del Piemonte ed esame del preteso diploma dell'imperatore Ottone IV.

Ma la peggior novità che accadde in questi paesi in quel tempo, e non è improbabile sia in parte almeno da attribuirsi allo stesso stato d’anarchia in cui si trovavano, è la prima comparsa colà dell'eresia valdese portatavi, come pare più verosimile, dalle finitime provincie della Francia nello scorcio di quello stesso secolo decimosecondo. Poiché quantunque le più antiche memorie, che n’abbiamo per documenti autentici, non risalgano tutto al più che alla prima metà del secolo seguente, il vederveli però già allora assai numerosi, è forte argomento che quegli eretici seguaci di Pietro Valdo, detti poveri di Lione, le cui dottrine già erano state riprovate nel Concilio Lateranense terzo, tenuto negli anni 1179 e 1180, e poi nuovamente in quello di Verona del 1184, fossero passati il di qua delle Alpi negli ultimi anni di quello stesso secolo duodecimo. Che poi prima non vi esistessero, agli argomenti già addotti dai più accreditati autori sì cattolici che protestanti [1] aggiungerò, anche quello che niuna menzione se ne trova in alcun documento autentico, ma specialmente negli atti di fondazione ed altri riguardanti i sopraccennati monasteri e chiese eretti in queste stesse od a loro finitime contrade non molto tempo prima, nei quali non di altro si parla che della pietà dei loro fondatori e benefattori, e della salute e riposo delle loro anime e di quelle dei loro parenti defunti, per cui eran stati fondati, ma non vi ha alcun cenno che in quei luoghi vi fossero d’eretici, come sembra avrebbesi fatto a dimostrare l'opportunità di quelle fondazioni ad arrestarne gli errori a difesa della fede cattolica. Il più antico documento il quale sogliasi ora addurre dell'esistenza dei Valdesi in queste parti del Piemonte, è un diploma che si attribuisce all'imperatore Ottone IV e con cui avrebbe mandato al Vescovo di Torino di espellerli dalla sua diocesi. Esiste difatti tale documento nell'archivio arcivescovile di Torino (Categoria 1ª, mazzo 1°, n° 17), donde il primo a pubblicarlo fu Pietro Gioffredo nella sua Storia delle Alpi marittime in cui dice averlo il detto Imperatore promulgato mentre trovavasi in Italia fra gli anni 1209 e 1212. Dietro il Gioffredo lo riprodusse il P.Semeria nella Storia della Chiesa di Torino assegnandogli la stessa data, è dicendolo diretto al Giacomo di Carisio, che era in quel tempo vescovo di Torino. Il signor Alessio Muston nella sua Storia de’Valdesi si contentò di citarlo colle stesse date dei precedenti, ma commentandolo ed infiorandolo secondo il suo costume, fabbricavavi sopra un immaginario racconto, in cui lo volle attribuire a nimistà fra l'imperatore Ottone ed il conte di Savoia [2] Dopo i suddetti venne poi anche citato e in parte riprodotto dai più recenti, fra i quali nominerò solo Cesare Cantù nella sua opera degli eretici in Italia ed il P. Perrone nel suo libro già sopra menzionato sui Valdesi, ma da tutti quale documento di incontestata fede seguendo sempre l'autorità del Giofredo, che prima lo aveva pubblicato, e non ponendo nemmeno mente alla mancanza di ogni segnatura e della stessa data che già nella lezione da questo datane vi si scorgeva. Tale difetto era già stato notato dal Meiranesio, parlandone nel suo Pedemontium sacrume fu da me constatato sullo stesso documento, quale, come dissi, realmente esiste nell'archivio arcivescovile torinese. Ma osservai altresì che trovavasi esso scritto sopra una semplice piccola pergamena in carattere ordinario.Compilata probabilmente per ordine dello zelante vescovo di Torino, quale era veramente Giacomo di Carisio, coll'intenzione di farla poi dall’imperatore Ottone IV, il quale aggiravasi allora in Italia, ridurre ad autentico diploma, non abbia potuto esserlo per qualche causa ora a noi ignota, e sia così rimasta allo stato di semplice memoria nell'archivio vescovile. Io credo quindi utile allo scopo di questo scritto ed anche alla storia dei Valdesi, che forma ancora adesso oggetto di tanti studi e tante ricerche, di riprodurla qui nuovamente anche per rettificare qualche inesattezza che si vede nella lezione datane dal Gioffredo e dai posteriori scrittori.
Eccola:
Otto dei gratia Romanorum imperator semper augustus dilecto fideli suo episcopo Taurinensi gratiam suam et bonam voluntatem, late patet dei clementia qui pulso-infidelitatis errore ventatem fidei suis fidelibus patefecit. Justus enim ex fide vivit qui vero non credit jam judicatus est. nos igitur qui gratiam fidei in vacuum non recipimus omnes non recte credentes qui lumen fidei catholice heretica pravitate in imperio nostro conantur estinguere imperiali volumus severitate puniri et a consortio fidelium per totum imperium nostrum corporaliter separari presentium tibi auctoritate mandantes quatenus hereticos valdelses (sic) et omnes qui in Taurinensi diocesi zizaniam seminant falsitatis et fidem catholicam ali-cuius erroris seu pravitatis doctrina impugnant. a toto Taurinensi episcopatu, imperiali auctoritate expellas. licentiam etiam auctoritatem omnimodam et plenam tibi conferimus potestatem ut per tue studium sollicitudinis T'auirinensis episcopatus area ventiletur et omnis pravitas que fidei catholice contradicit penitus expurgetur. A tergo della pergamena si leggono le seguenti intitolazioni : Litera imperatoris contra hereticos — Potestas ab imperatore expellendi hereticos thaurinenses —  Litere commendatorie imperatoris episcopo Taurinensi carentes..... subscriptione.
Dopo questo documento, il quale da tutto il sopradetto pare così debba assegnarsi al tempo in cui regnò l'imperatore Ottone IV, cioè dal 1208 al 1216, troviamo menzione degli eretici Valdesi negli statuti del comune di Pinerolo, nel quali al capo lxxxiv vien comminato il banno di dieci soldi a chi avesse dato alloggio ad un uomo o ad una donna Valdese in posse Pinerolii. Ma benché quegli statuti portino in fronte la data dell'anno 1220, in cui vennero la prima volta compilati per ordine del conte Tommaso I di Savoia, non è però certo, come osservò anche il conte Cibrario [3], che tutte le disposizioni in essi contenute e specialmente quelle più antiche comprese nel primo libro debbano riferirsi allo stesso tempo, potendo esservene ed essendovene certamente anche degli anni posteriori di quello stesso secolo, come si evince dalla nota che si legge in calce dello stesso libro, in cui si dice esserne ; stati i capitoli corretti, emendati e confermati .per dominum in conctione, li 31 marzo del 1280[4]. Essendo però certo che quella disposizione riguardante i ricettatori dei Valdesi venne nei medesimi inserita anteriormente a tale anno, quando anche non volesse riferirsi, come generalmente fanno gli autori, al suddetto anno. 1220, deve però sempre riguardarsi quale più antica, testimonianza dell'esistenza di quegli eretici nelle contrade intorno a Pinerolo. Tale testimonianza è poi ancora, si può dire, confermata dallo stesso summenzionato Pietro Gioffredo, il quale, riferendo, come si disse, il succitato preteso diploma ottomano, ne da la causa all'allargarsi che in quel tempo i Valdesi avevano fatta dalle montagne di Angrogna, Luserna e S. Martino ad altri paesi del Piemonte e della Lombardia. Ma ciò che è qui più da notare si è l'aggiungere che egli fa, come avendo i medesimi quindi fatto capo al luogo di Bagnolo, ne venisse però loro il nome di Bagnolesi. E prima niun dubbio parmi vi possa essere che abbia quivi egli voluto indicare il nostro Bagnolo del Piemonte, e non già gli altri dallo stesso nome che esistono tanto nella Lombardia e nel Napoletano, quanto nella Francia, parlando egli solo in quel luogo dei paesi che appartenevano alla diocesi di Torino, e delle contrade primitivamente in essa abitale dai Valdesi, alle quali è prossima quella terra. Resta quindi a vedere se tale sua sentenza possa dirsi veramente fondata sul vero. Che nel correre del secolo XIII fra le molte generazioni di eretici, le quali sorsero e si propagarono tanto in Francia che nell'Italia, una ne sia stata che chiamavasi setta di Bagnolo, ed ai cui affigliati davasi il nome di Bagnolesi, lo attestano le memorie di quel tempo conservateci da autorevoli scrittori, e specialmente dal Rainerio Saccone e dal Pellegrino Presciano, ambedue citati dal Muratori [5]Ma il più importante documento a tal riguardo sono gli atti del processo che si instituì dall'inquisizione per ordine del papa Bonifacio VIII contro l'Armanno Pungilupo di Ferrara, il quale, avendo appartenuto a quella setta, ed essendone anzi stato, a quello che sembra, quantunque laico, uno dei caporioni, venuto poi a morte nel 1269, e da principio tenuto in concetto di santo, fu poi, per sentenza di quel tribunale, dichiarato eretico Bagnolese, e mandatene a dissotterrare ed ardere il cadavere e spargersene le ceneri al vento. Dai quali atti veramente risulta che non pochi erano di codesti eretici nella Lombardia, e specialmente nelle città di Verona, Vicenza, Mantova ed in Sermione sul lago di Garda, e vi avevano i loro prelati che portavano i titoli di vescovi, figli maggiori, visitatori, nunzi e questori; che i loro errori versavano principalmente circa la presenza reale nel Sacramento della Eucaristia, e l'autorità della Chiesa e suoi ministri, massime nel giudicare e condannare gli eretici; che a ricevere i nuovi venuti usavano anch'essi, come i Valdesi, la cerimonia dell'imposizione delle mani, che chiamavano consolamento, e finalmente buone relazioni tenevano pure cogli altri eretici di quei tempi e segnatamente coi Poveri di Lione, coi Catari e coi Patarini, riguardandosi anzi essi stessi come una sorta di Catari. Nulla però nei detti atti si trova da cui venir in chiaro donde avessero i medesimi tratto origine e la loro denominazione, non essendovi nemmeno menzionato il luogo di Bagnolo fra quelli nei quali essi allora esistevano.Ma riguardo al luogo dal quale sia loro venuto quel nome opina il Muratori, sulla fede specialmente dei sullodati due scrittori, che l'abbiano essi tratto dal castello di Bagnols nella Provenza o meglio nella Linguadocca, ove erano in non piccolo numero, e dal quale sarebbero poi venuti in Italia.. Se non che, oltre al non fornir essi alcuna certa prova di tale trasmigrazione, vuolsi anche notare che, come asserisce il Bergier[6], due furono le sette di eretici detti Bagnolesi ; la prima nata in Francia verso il secolo VIII, dove precedé gli Albigesi, e di questa dice il suddetto autore che prese il suo nome dal detto castello di Bagnols; l'altra, venuta fuori nel secolo XIII, e secondo il medesimo teneva degli errori dei Catari, ed e quella che troviamo sparsa in Italia, e dai suimnenzionati scrittori pare avesse anche delle ramificazioni nella Francia ed in altri paesi.  Ora, nella grande confusione che era allora di sétte ereticali, le quali, benché sotto nomi diversi, professavano quasi tutte gli stessi errori e, come bene osserva lo stesso Muratori, avrebbero perciò potuto ridursi ad una sola, non parmi improbabile che questi eretici Bagnolesi che erano in Italia, anziché dalla Francia avessero preso il loro nome da alcuna delle terre così chiamate che sono in Italia, e fossero però dai suddetti scrittori creduti gli stessi che i Francesi. Non rimarrebbe a rendere più probabile tale conghiettura che cercare fra i vari Bagnolo italiani quello di cui potrebbe ciò più facilmente credersi, avuto riguardo alle condizioni in cui si trovasse al tempo in cui le prime notizie abbiamo di quegli eretici. Se guardiamo unicamente alla contrada, in cui dalle accennate memorie risulta che nel secolo decimoterzo essi erano in maggior numero, pare non possa esservi dubbio che ciò debba dirsi del luogo di Bagnolo, il quale, distante. poche leghe da Brescia, non è molto quindi lontano da Verona, nella qual città, pare dagli atti del processo del Pungilupo che ne fosse il principal nucleo, e donde quindi sarebbero passati a Vicenza, Mantova, e Ferrara ed altri paesi circonvicini. Ma oltre al non esservi, come già si disse, notizie ne. dagli atti del suddetto processo, ne altrove che in quel paese siano mai stati eretici, di maggior peso sembrano.gli argomenti i quali persuaderebbero aver essi piuttosto tratto il loro nome e forse anche la loro origine dal nostro Bagnolo del Piemonte, benché, a dir il vero, neppure abbiamo notizia di eretici che allora vi fossero. E prima di tutto vuoisi notare che trovavasi esso in prossimità ai luoghi, cioè alle valli di Luserna, in cui da non molto si erano annidati i Valdesi venuti di Francia. Inoltre, benché sembri, a quel che ne dicono i sullodati scrittori, e specialmente il Reinerio, che le dottrine ed errori dei Bagnolesi non fossero affatto identiche a quelle dai medesimi attribuite ai Valdesi, è certo però, come. essi pure testificano, che non ne differenziavano esse talmente che non potessero riguardarsi quali rami di una stessa pianta; poiché ammettendo anche per vero, come vogliono molti autorevoli scrittori, che questi da principio poco si scostassero ancora dai dogmi e dalla morale cattolica, confessano poi essi stessi che indi a non molto, trovandosi a contatto colle altre sette e frammisti ai loro seguaci, ne adottarono anche gran parte le opinioni. E così anche della gerarchia dice lo stesso Reinerio che avevano i Valdesi, come i Bagnolesi i loro vescovi che andavano a visitare peregrinando in Lombardia, ove avevano sì gli uni che gli altri non pochi proseliti, e lo stesso risulta anche dal suddetto processo contro l'Armanno Pungilupo, dal quale si vede pure come le più buone relazioni esistessero fra quelle due sette, ed anzi lo stesso Armanno, prima di farsi Bagnolese, aveva pure partecipato a quella dei Poveri di Lione, ossia Valdesi. Parmi quindi si possa avere come assai probabile che quegli eretici detti Bagnolesi possano veramente avere tratta quella loro denominazione dal nostro luogo di Bagnolo o sia che vi siano venuti gli stessi Valdesi a stabilirvisi, come crede il Gioffredo, o che altri fra i tanti eretici di quel tempo vi abbiano fatta la loro sede stimando quel luogo propizio, massime per la vicinanza dei Valdesi, a propagarvi in sicuro le loro dottrine, ed essendo quindi loro venuto il nome di Bagnolesi, siano stati poi confusi cogli altri eretici così pure chiamati, ed esistenti in Francia, come si vide fìno dal secolo ottavo. Che poi, se non nello stesso luogo di Bagnolo, ne esistessero ancora in altri paesi del Piemonte ancora nel seguente secolo XIV, si vede dalla sentenza che pronunciava in Torino li 5 di settembre del 1388 1'inquisitore Fr. Antonio di Settimo da Savigliano, in cui sono pure enumerati i Bagnolesi fra gli eretici che era egli incaricato di estirpare da queste contrade[7] Un ultimo indizio ora addurrò, il quale può anche valere per qualche cosa, benché riconosca anchio non poter eccedere i limiti di semplice conghiettura, ed esso è tratto dai nomi stessi, li quali dal suddetto processo del Pungilupo risulta che portavano parecchi dei principali ossia degli stessi ministri dei Bagnolesi, i quali erano in Lombardia, e vi coprivano le cariche più importanti di vescovo, figlio maggiore, visitatore ed altre già sopra menzionate, li quali nomi che sono quelli di Alberto, Albertino, Corradino, Bergunzio, Michele, Francesco, troviamo che erano nello stesso tempo portati dai signori di Bagnolo che pure allora vivevano; onde nacque a me il sospetto che potessero essere gli stessi individui, i quali dal luogo di Bagnolo si portassero in Lombardia a promuovervi la setta, facendo però la cosa segretamente onde non dar appiglio alla inquisizione, e neppure al principe, il quale essendo della Casa di Savoia non avrebbe certamente ciò tollerato, ed era inoltre costume dei Bagnolesi come dagli altri eretici di quel tempo di tenersi coperti cogli estranei e simulare sentimenti cattolici. Ma del maggiore o minore peso che possa avere tale conghiettura si giudicherà meglio dietro quello che si dirà appresso intorno a codesti signori di Bagnolo e ai documenti li concernono. Passo ora a parlare del fatto che forma il principal oggetto di questo scritto, ed è già per sé una prova dell'esistenza a quel tempo in Bagnolo di uomini avversi alle pratiche del cattolicismo, contro alle quali non temevano di commettere i più criminosi attentati.


[1]Non metto fra 'questi il signor Alessio Muston nel suo Israele delle Alpi o Storia dei Valdesi in molto parti, e massime in questa più romanzo che storia, nella quale quello che vi ha di meglio è una copiosa, non però completa bibliografia, delle opere scritte tanto in favore che contro i Valdesi. Citerò bensì fra i cattolici più autorevoli l'arcivescovo di Torino Claudio di Seyssel, il priore Marco Aurelio Rorenco, monsignor Charvaz vescovo di Pinerolo, l'abate Casalis nel suo dizionario storico, Cesare Cantù, e più recentemente ancora il dottor Melia e l'opera del P. Perrone intitolata i Valdesi primitivi, mediani e contemporanei; e fra i protestanti Pietro Gilles, l'Herzog ed altri riportati dallo stesso Muston, i quali tutti pongono la comparsa dei Valdosi nelle valli di pinerolo non prima del secolo XII

[2] Muston. L'Israel des Alpes, etc. Tom. 1, p. 24.

[3] Storia della Monarchia di Savoia. Tom. 1, p. 263.

[4] Liber Statutorum, etc. civitatis Pinerolii. Aug. Taur. 1602, pag. 57

[5] ) Antiq. ital. med. aevi dissert, LX, in cui sono anche riportati gli atti del processo contro l'Armanno Pungilupo. Rainerio Saccone di patria piacentino, era stato egli slesso capo di eretici. Convertitosi ed entrato fra i Domenicani circa il 1260, scrisse opere in difesa della religione cattolica, e in ispecie il libro Contra Valdenses. Prisciano Pellegrino lasciò manoscritti importanti sulle antichità ferraresi, fra i quali li suddetti atti del processo contro il Pungilupo, ed anche un curioso paralello degli errori dei Catari, dei Bagnolesi e dei Concoregiesi, altra sorta di eretici, riportato pure ivi dal Muratori, e dal quale si vede che poco tra loro differenziavano

[6] Dictionnaire de Théologie nella Enciclopédie metodique alla parola.Bagnolois

[7] Negli anni 1387 e 1388 il domenicano Antonio di Settimo da Savigliano inquisitore, come egli s’intitola, nella Lombardia superiore (nella quale erano anche comprese le provincie del Piemonte) e: nella Marca genovese, per speciale incarico del Papa, instituì processi contro gli eretici che erano allora in varii paesi di queste contrade. Gli atti di tali processi già vennero in parte pubblicati dietro mss. della biblioteca casanatense in Roma dal signor Girolamo Amati nei tomi 1° e 2" della serie terza dell'Archivio storico di Firenze, e finiscono cogli interrogatorii a cui furono sottoposti l'Antonio Galosna di S. Raffaele e Giacomo Bech di Chieri, entrambi accusali come eretici, dal maggio all'agosto del 1388. Nell' archivio arcivescovile di Torino poi esiste la sentenza pronunziata li 5 del seguente settembre dal suddetto inquisitore e con cui vennero i medesimi condannati quali eretici manifesti Catari, Patarini, Gazari e della setta valdese e rimessi al braccio secolare. Questa sentenza, già menzionata dal C. Cibrario (Economia politica del medioevo, lib. 2°, cap. 1°) e da Cesare Cantù (Gli eretici in Italia, discorso LI), io credo dover riportare per disteso in fine di questo scritto, e perché è forse l'ultimo documento nel quale troviamo memoria degli eretici Bagnolesi, o Bagnaroli como ivi sono detti, almeno di quelli che esistevano in questa parte dell'Italia, e perché forma complemento della summenzionata pubblicazione dell'Archivio storico. Essa è poi anche particolarmente interessante, vedendosi quindi come agli occhi degli stessi inquisitori tutte quelle sette che in si gran numero erano pullulate allora specialmente nell'Italia superiore e nella Francia, avessero grandissima affinità fra loro, e i loro seguaci passassero facilmente dall'una all'altra, amalgamando ben sovente i principii e le dottrine dell'una con quelli delle altre; onde la difficoltà somma di ben distinguere quali fossero quelli che a ciascheduna di esse in particolare spettavano, e lo interminabili questioni fra i cattolici e protestanti, specialmente intorno alle primitive credenze dei Valdesi.

 


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